Finalmente in Cina, paese che non ho mai visitato, ma che mi sembra già di conoscere, poiché da diversi anni pratico un’arte marziale cinese, il Taiji Quan, dal millenario bagaglio storico- culturale.
Quale il motivo della mia visita? Il conferimento del titolo di allievi di IV generazione di Kung Fu tradizionale a 10 praticanti cinesi e a 20 italiani di cui anch’io faccio parte.
La cerimonia si è svolta il 20 agosto 2010, a Pechino, presso la Chinese Clan Association di Daguanyuan, sotto la direzione del Maestro Yang Lin Sheng1, presidente dell’Associazione Italiana per il Kung Fu tradizionale, che gli allievi italiani riconoscono come proprio mentore nella pratica del Kung Fu tradizionale cinese.
La partecipazione alla cerimonia mi emoziona molto e mi incute un timore reverenziale; sono teso, preoccupato, visto che ufficialmente entrerò a far parte della famiglia di Kung Fu (Gong Fu) del Maestro Yang. Onore riservato a pochi. Diventare discepolo di un maestro vuol dire assumersi maggiori responsabilità, allenarsi intensamente, essere sempre presente e disponibile, senza scuse qualora il maestro ti dia un compito, stargli vicino provvedendo ai suoi bisogni senza fargli mancare nulla sia in palestra sia nella vita.
Questo privilegio, per la fiducia riposta in me, va ricambiato durante gli stage e gli allenamenti, con un corretto comportamento etico e con un graduale avanzamento sul piano tecnico e culturale, per poter testimoniare nel migliore dei modi la Scuola e gli Stili del Maestro Yang Lin Sheng, Con me ci sono alcuni amici, istruttori dell’associazione per lo studio del Kung Fu, e altri allievi.
Il fatto di essere tra i pochi designati alla nomina di allievi diretti di VI generazione, genera in me una forte emozione; al tempo stesso avverto la responsabilità del compito che ne consegue proseguire il lavoro del Maestro, rappresentandolo sul territorio italiano, e divulgare l’arte del Kung Fu tradizionale. Tutto ciò mi stimola a migliorare per poter onorare la fiducia accordatami.
La sala della cerimonia sembra uscita da una favola per quanto è imponente e sfarzosa. Domina il colore rosso; il soffitto è in legno intarsiato; il pavimento è ricoperto di moquette rossa.
Sulla parte di fondo due grandi tavoli in legno scuro con una composizione di rose rosse al centro sono riservati alle persone più autorevoli. Accanto al maestro Yan Lin Sheng che occupa il posto d’onore, siedono i maestri di rango Zhang Yaoting 2, Fu Biao 3, Men Huifeng 4, Xia Bohua 5 ,Wang Shiquan 6, Shan Changwen 7, Liu Jngru 8, You Xuande 9, Wang Tong e Zhang Zengji 10, Di Guoyong 11, Zhou Changren 12, Yang Baoju 13, Zhang Maoqin 14, Hao Huanshi e Cheng Ruli 15.
Sono tutti nomi illustri del variegato mondo delle arti marziali cinesi; e ancora alcuni amici del maestro Yang e altri delegati in rappresentanza delle istituzioni di Pechino o di Baotou.
Sui lati destro e sinistro della sala si allineano dei tavoli con relativi contrassegni, riservati rispettivamente agli allievi e studenti italiani e agli studenti cinesi.
Dopo l’attesa per gli ultimi preparativi nella quale ansia e tensione si fanno sentire, arrivati gli inviati delle televisioni, iniziano i discorsi di benvenuto da parte delle autorità e gli omaggi verbali e i doni al Maestro Yang; il tutto in cinese. Fortunatamente Yamo ,il figlio del Maestro Yang, ci rende partecipi traducendo in italiano. Dopo i vari discorsi – è intervenuto anche Antonello in rappresentanza del gruppo italiano, ringraziando il Maestro per averci concesso di partecipare alla cerimonia – , Yang Lin Sheng, deciso e con vigore, prende la parola esponendo il lavoro svolto negli anni, sia in Cina sia in Italia, per formare dei bravi allievi, e
con un briciolo di commozione dà il via alla celebrazione del rituale rendendo maggio ai suoi Maestri. Accesi gli incensi, si inchina per tre volte onorando i Maestri Li Zhong Zhi 16 e Guo Pei Yun 17che ha seguito come un figlio per molti anni.
Successivamente assieme a sua moglie, la maestra Liu Chun Yan, si rivolge a noi per invitarci a onorare gli antenati, cosa che facciamo inchinandoci per tre volte e chiedendo di essere accettati come loro discepoli. Alla fine ognuno di noi porge un dono personale e a nome della scuola italiana viene offerta una spada con spadino da ufficiale dell’esercito italiano.
Accolte le nostre richieste e i nostri doni, il maestro Yang Lin Sheng ci abbraccia uno a uno e ci dona una spada Long Quan (nota località di forgiatori di spade) con il suo nome inciso, nella speranza che possiamo praticare con diligenza e contribuire allo sviluppo del Kung Fu; inoltre ci consegna preziose testimonianze scritte relative allo Xing Yi Quan realizzate a mano da un famoso calligrafo, suo amico fraterno, il sig. Cheng Ru Li.
In quest’occasione solenne, Yang Lin Sheng affida a otto allievi il compito di rappresentarlo sul
territorio italiano. I responsabili nominati dal Maestro sono:
- Renato Sitzia per la Sardegna,
- Mario Antoldi per il Friuli Venezia Giulia,
- Massimiliano Todeschini per la città di Milano,
- Alessandro Di Gioia per la provincia di Milano,
- Antonello Casarella per la provincia di Monza e per la Brianza,
- Luigi Tassini per la città di Bologna,
- Michelangelo Fabbri per Modena e provincia,
- Alessandro Cremonesi per Parma e provincia
- Giorgio Santi nel ruolo di segretario nazionale
Dopo il gruppo italiano, è la volta degli allievi cinesi.
Successivamente gli Italiani danno prova delle loro capacità esibendosi, davanti ai maestri e alle autorità presenti, in alcune forme di Taiji Quan, nella danza marziale dell’Yi Quan (Jian Wu) e in alcune forme di Xing Yi .
Finita la breve dimostrazione, c’è una pausa che ci permette di cambiare gli abiti da cerimonia, omaggio del maestro, e di vestirci in maniera elegante per prendere parte al banchetto in nostro onore, nel corso del quale, dopo innumerevoli ganbei (brindisi cinesi), la solenne atmosfera iniziale si viene via via stemperando in una festa gioiosa e allegra.
Bellissime cameriere, in abiti tradizionali, servono senza interruzione pietanze colorate, profumate, con gusti profondamente diversi dal cibo italiano.
La birra cinese, a bassa gradazione, il vino rosso, la fortissima grappa di riso (45°-50° ) e l’immancabile the caldo, anzi bollente, contribuiscono a creare tra i commensali un’armonia, un’ euforia e una gioia sincera che danno un senso di appartenenza alla stessa famiglia.
Con i nuovi fratelli ci si comprende a gesti e si condividono le emozioni del momento. La melodia e il calore delle canzoni italiane di cui diamo qualche assaggio- cosa che è particolarmente apprezzata – permettono di far emergere qualche aspetto dello spirito italiano.
Le foto di rito in compagnia dei maestri e tra noi suggellano la cerimonia.
Nei giorni successivi ci aspetterà un tour di dimostrazioni, allenamenti, commemorazioni, pranzi e cene in varie città della Mongolia interna con i fratelli cinesi, la Maestra e il Maestro Yan Ling Shen .
Prima di chiudere queste mie note, vorrei esprimere un particolare ringraziamento al Maestro Yan Ling Shen, provando a scrivere che cosa la sua figura e il suo insegnamento hanno significato per me.
Il Maestro Yang, uomo semplice e schivo, ha infuso nuova linfa nel mio modo di praticare le arti marziali cinesi, guidandomi nella ricerca continua dell’armonia e della naturalezza del gesto.
Mettendo l’allievo al centro del suo lavoro d’insegnante, gli permette di far emergere il meglio che c’è in lui rispetto alla propria fisicità; al tempo stesso gli insegna a fare altrettanto con gli altri.
Il clima di sereno rispetto che si respira durante le sue lezioni, dove non si assiste mai a confronti tra gli allievi, nasce dalla messa in pratica del principio ” al centro della pratica c’è sempre l’uomo e il Kung Fu deve servire al suo sviluppo.”
L’estrema umiltà e sicurezza che il Maestro dimostra durante l’insegnamento, ma anche e soprattutto nella vita quotidiana, la tranquillità e la serenità che traspaiono dai suoi comportamenti, costituiscono per me un faro che mi permette di orientarmi in questa società così caotica e incapace di riconoscere e apprezzare “i fili d’erba”.
Da lui ho imparato che attraverso la perseveranza che è spesso sinonimo di lavoro duro e costante, si può perseguire l’eccellenza sia nel Kung Fu sia nella vita. Egli è solito dire che il Kung Fu è una via per vivere meglio sul piano fisico, spirituale e culturale in quanto dà gli strumenti per aprirsi al nuovo anziché viverlo come una minaccia.
A Yang Ling Shen che ha cercato di trovare in alcune delle espressioni dell’antica saggezza/ cultura orientale, linee di ricerca/strade/ percorsi per far scoprire all’uomo contemporaneo la sua dimensione umana, minacciata da una società altamente tecnologica e inesorabilmente competitiva.
Con affetto e riconoscenza
Mario Antoldi