Non appena Liu Wen Hua arrivò, Xin Yuan lo avvertì che un suo studente desiderava confrontare i rispettivi stili e il maestro Liu non si fece pregare: Guo lo attaccò più volte, ma finì sempre a terra parecchi metri più indietro con l’unico risultato di sentirsi impotente. Esterrefatto dall’abilità di quell’uomo, Guo dovette arrendersi; fu così che Xin Yuan propose a Liu Wen Hua di accettare le scuse del suo studente e di insegnargli lo xingyi quan, la boxe della Forma e dell’Intenzione, uno dei più famosi stili interni. Guo Pei Yun iniziò così un lungo e faticoso addestramento che lo avrebbe portato a diventare uno dei più apprezzati e stimati maestri dello stile. Con il passare del tempo il taciturno e severo Liu trasmise le proprie conoscenze a Guo Pei Yun, che imparò a conoscere ed apprezzare il suo insegnante: figlio del celeberrimo Liu Qi Lan, uno dei dieci esperti usciti dalla scuola dello Hebei xingyi di Li Luo Neng, Liu Wen Hua era stato sottoposto dal padre ad un allenamento davvero massacrante, che prevedeva l’allenamento della posizione statica “san ti shi” per quattro ore al giorno e per nove lunghi anni. Questo sistema di addestramento era la sola via per accedere alla forza interna e padroneggiarla e ancor oggi rappresenta il primo approccio dello studente che si avvicini ad un maestro tradizionale.
Trascorso l’interminabile allenamento, il maestro Liu era stato in grado di apprendere il resto del sistema in breve tempo e le sue tecniche avevano assunto una potenza sovrumana: il suo corpo, centrato nell’addome, era simile all’acciaio avvolto nel cotone. Assunto dal governo per addestrare le guardie, era famoso per la sua abitudine di fumare una pipa talmente lunga da dover essere accesa da una persona all’altro capo: la pipa era tenuta nella mano sinistra anche durante le numerose sfide sostenute e vinte con il solo braccio destro.
Scarsamente interessato al panorama marziale contemporaneo e schivo, Liu Wen Hua fu sempre corteggiato dalle autorità del periodo: si dice che, invitato da coloro che più tardi sarebbero divenuti i vertici governativi di Taiwan per una dimostrazione, mostrò solo la sua tecnica preferita, pi quan, per pochi secondi e che poi si ritirò, rifiutando la richiesta di pranzare con i notabili presenti, lasciandoli stupefatti. Liu fu significativamente invitato da Wang Xiang Zhai, fondatore dell’yi quan (boxe dell’intenzione), come ospite d’onore e insegnante del centro per lo studio del wushu aperto a Pechino: Wang non stimava molto gli altri praticanti di arti marziali cinesi ed era visto di malocchio per la sua mentalità aperta e per la rivoluzione con cui aveva scosso il mondo marziale. Wang era alla ricerca dei migliori artisti marziali per raccogliere informazioni ed elevare, attraverso la comprensione dei principi essenziali, la qualità del kung fu cinese e Liu Wen Hua, più anziano di una generazione, rappresentava una delle massime autorità sia dello xingyi che del bagua. Il fondatore dell’yi quan lo reputava, evento praticamente unico, tecnicamente superiore a sé.
Di lì a qualche anno, Wang incontrò un altro esperto di xingyi, che si dimostrò suo pari in conoscenza: Hu Yao Zhen. Il Maestro Hu era allievo di una figura di spicco dello xingyi quan, Xue Tian: personaggio controverso, studioso taoista e creatore di un’evoluzione personale dello xingyi quan, denominato xiang xin quan. Al momento dell’incontro con Hu Yao Zhen, che, sebbene molto più giovane, era suo fratello di kungfu, si era ritirato dall’ambiente marziale per dedidicarsi a studi filosofici. Hu Yao Zhen lo raggiunse, lo sfidò e fu completamente sopraffatto dall’abilità di Xue Tian: com’era tradizione ne divenne allievo, raggiungendo col tempo un livello straordinario.
Xue Tian, inviso ai maoisti per il suo rifiuto di abbandonare il Taoismo e sottomettersi alla dottrina di Mao, fu ucciso durante la Rivoluzione Culturale. Più tardi, a Pechino, giunse un altro personaggio straordinario, il più famoso maestro di Tai quan stile Chen, Chen Fa Ke. Persona dal carattere morbido e socievole, Chen riuscì, attraverso le sue grandi capacità e la sua perseveranza, a diffondere il suo stile rapidamente. Ben presto divenne amico fraterno di Hu Yao Zhen, con cui collaborò proficuamente per molti anni.
Lo scontro tra Hu Yao Zhen e Wang Xiang Zhai si risolse in fretta: Wang era uso a sbaragliare i suoi avversari, atterrandoli in un lampo; non appena il suo attacco fu annullato da Hu, Wang si accorse di avere di fronte un uomo fuori dal comune e chiuse la sfida, invitando l’avversario e un terzo personaggio, cui Hu aveva chiesto di proseguire la sfida in caso di sconfitta, a pranzo . L’accompagnatore designato era Guo Pei Yun. I tre maestri poterono, così, riunirsi intorno ad un tavolo, ove si parlò a lungo della situazione delle arti marziali, nonché di teoria e di tecnica. I tre, durante il lungo banchetto ebbero modo di conversare a lungo: pur essendo un esponente dello xingyi puro, Guo Pei Yun non appoggiò mai le critiche mosse a Wang Xiang Zhai ed incoraggiò anzi i suoi detrattori a confrontarsi direttamente con il creatore della “boxe dell’intenzione”, che lui aveva conosciuto ed apprezzato, o a tacere. Due uomini dalla mentalità aperta come Wang Xiang Zhai e Guo Pei Yun non potevano che generare ostilità da parte dell’ambiente marziale contemporaneo, chiuso ad ogni rinnovamento ed abbarbicato su idee antiquate e poco funzionali. Rari erano, infatti, i maestri che, come Wang e Guo, si impegnavano per un’evoluzione tecnica e culturale del wushu: il loro impegno era tanto intenso, però, da condurli in lunghi viaggi in giro per la Cina alla ricerca di esperti di ogni stile con cui scambiare idee, nel tentativo di sintetizzare i raffinati principi che costituiscono l’essenza del kungfu e di risollevare le sorti di una branca dello scibile umano che allora languiva.
Ecco, dunque, che Wang Xiang Zhai, alla morte del suo celeberrimo insegnante, Guo Yun Sheng, partì per un lungo percorso di formazione che lo portò, più tardi, a creare l’yi quan. Guo Pei Yun, dal canto suo, utilizzò parte delle ricchezze che aveva ereditato per cercare, ospitare e finanziare maestri di ogni stile, di cui divenne amico, fino al momento in cui, all’avvento di Mao Zhe Dong al potere, il maestro Guo si vide espropriare dalle guardie rosse ogni avere, comprese le due mogli che la sua religione musulmana permetteva.
Da quel momento in poi il maestro Guo fu costretto a vivere con il sostegno dei suoi allievi più stretti, facendo la spola tra Baotou (Mongolia Interna) e la provincia di nascita, lo Shaanxi. Tra i discepoli con cui trascorse lunghi periodi a stretto contatto figura il giovane Yang Lin Sheng, che studiò con lui fino alla morte, avvenuta nel 1978.
La morte del maestro Guo ha un che di taoista, dato che, sentendo approssimarsi la morte, il maestro partì, raggiunse suo figlio e gli diede ordine di avvertire tutti gli allievi solo dopo la sua scomparsa: “Non voglio che essi si sentano in dovere di lasciare le loro famiglie e le loro occupazioni per venire al mio capezzale.” La sua scomparsa portò via un altro pezzo di storia del kungfu, composta di grandi personaggi e di conoscenze che ancora oggi, e sempre di più, rischiano di andar perdute.
Un uomo che vide nascere l’yi quan di Wang Xiang Zhai e lo capì, che frequentò personaggi celeberrimi come Chen Fa Ke, ultimo grande interprete del Taiji stile Chen, Yang Cheng Pu, Hu Yao Zhen, e soprattutto fu allievo di uno dei più grandi maestri che lo xingyi quan abbia mai generato. Il centenario della sua nascita è l’occasione per ricordare un periodo d’oro delle arti marziali tradizionali cinesi e i grandi rivolgimenti che segnarono per sempre il volto della Cina contemporanea: il maestro Guo è stato uno dei molti uomini che, figli di inizio secolo e legati alla cultura tradizionale, seppur non accecati da essa, furono violentemente costretti ad adeguarsi ai tempi e seppero, tuttavia trasmettere ai loro allievi i principi e l’essenza del kungfu che non è fatta di tecniche micidiali o salti acrobatici, ma passa da secoli nell’unico modo possibile: da cuore a cuore.
Maximiliano Motta
Allievo di M° Yang a Milano